L’Art. n.12 comma 1, del D.L. del 06/12/2011, n.201, convertito con modificazioni nella L. del 22/12/2011 n.214, riduce da un importo pari o superiore a 2.500,00 euro a un importo pari o superiore a 1.000,00 euro il limite indicato nei commi 1, 5, 8, 12 e 13 dell’Art. n.49 del D.Lgs. del 21/11/2007 n.231.
Ne consegue che: è vietato il trasferimento di denaro contante (di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore) tra soggetti diversi per importi pari o superiori a 1.000,00 euro. Per tali trasferimenti è necessario ricorrere a banche, istituti di moneta elettronica o a Poste Italiane S.p.A.; gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 1.000,00 euro devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità; gli assegni circolari, i vaglia cambiari e postali possono essere richiesti, per iscritto, dal cliente senza clausola di non trasferibilità se di importo inferiore a 1.000,00 euro; il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può essere pari o superiore a 1.000,00 euro. I libretti con saldo pari o superiore a 1.000,00 euro devono essere estinti ovvero il loro saldo deve essere ridotto ad una somma non eccedente il predetto importo entro il 31/03/2012.
L’obbligo dell’uso di strumenti diversi dalle banconote, ripropone la questione legata alle modalità di pagamento della retribuzione.
In genere, il pagamento del corrispettivo erogato a fronte del lavoro svolto (che può essere subordinato o parasubordinato) segue le regole stabilite dall’Art. n.1277 del Codice Civile. Trattandosi, infatti, di un debito pecuniario, lo stesso si estingue “con moneta legale avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale”.
Il tenore letterale di questa disposizione ha sempre indotto gli operatori a ritenere che non potesse essere imposto al dipendente di accettare il pagamento con mezzi diversi dal denaro, ma che tale condizione dovesse essere condivisa dal lavoratore. Per questo motivo, spesso si realizzavano convenzioni tendenti a riconoscere al dipendente che apriva un conto bancario con l’accredito dello stipendio, condizioni di miglior favore che lo inducessero a operare tale scelta.
Adesso che lo strumento alternativo al denaro “frusciante” diviene la regola, per i cedolini paga il cui netto supera 1.000,00 euro, al datore di lavoro non resta altra scelta se non quella di disporre un bonifico bancario oppure consegnare al lavoratore un assegno (di conto corrente o circolare). Né, tantomeno, si può ricorrere alla divisione della retribuzione in diverse quote (acconti e saldo), singolarmente non superiori a 1.000,00 euro.
Se il lavoratore non accetta il bonifico, la soluzione residua è quella di consegnargli un assegno.