La Corte di cassazione – sentenza n. 21980 del 30 ottobre 2015 – ha affermanto che le fatture devono identificare in maniera esatta e precisa l’oggetto della prestazione, specificandone natura, qualità e quantità, in modo da consentire l’espletamento delle attività di verifica e controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria. Pertanto, l’emissione di documenti dall’oggetto troppo ampio e generico, con l’accorpamento in un’unica descrizione di attività molto diverse, legittima l’Agenzia delle Entrate a irrogare le sanzioni per violazione degli obblighi di tenuta della contabilità, essendo venute meno le finalità conoscitive che la norma intende assicurare.