Nel lavoro di studio ci troviamo quotidianamente ad affrontare problemi e complessità che ci generano stress e demotivazione, ma spesso buona parte delle difficoltà lavorative sono da imputare alle persone che ci circondano. La buona notizia è che si possono risolvere! Come? Basta saperli individuare e gestirli.
Ognuno di noi nel proprio lavoro ha qualche difficoltà che lo appesantisce, qualche malessere che forse non riesce neanche a definire, qualche problema che vuole assolutamente risolvere e che continua a riproporsi nel tempo. Ma qual è la causa reale di tutto ciò?
Confrontandosi con altri colleghi commercialisti e consulenti del lavoro le problematiche sembrano sempre le stesse. Verrebbe istintivo pensare che le principali cause di stress negli studi siano le cattive notizie, i problemi con i clienti, le difficoltà gestionali e finanziarie, la concorrenza e via dicendo. Tutte motivazioni plausibili e condivisibili, ma queste sono componenti naturali del mondo del lavoro e come tali vanno affrontate.
Accanto alle consuete difficoltà lavorative, ci sono cause di stress più profonde e spesso difficili da individuare, per questo più insidiose e pericolose anche per la produttività dello studio. Stiamo parlando dei così detti S-Collaboratori: collaboratori, dipendenti o altre persone che a vario titolo ruotano attorno all’attività di studio e che in maniera più o meno consapevole “remano contro” l’azienda.
Verrebbe istintivo identificare lo scollaboratore come una persona poco produttiva o scarsamente competente. Ma non è così. Molti scollaboratori sono individui capaci, tecnicamente preparati e produttivi, ma che di fatto disgregano il gruppo.
E questo è un enorme danno per un’azienda perché il successo è sempre e soltanto un’attività di gruppo. Chi comprende questo concetto lavora in comunità di intenti con i propri colleghi, cerca di aiutare gli altri e crede nei valori della condivisione e della partecipazione.
Lo scollaboratore invece lavora per dividere, crea barriere tra le persone, spesso mette zizzania, è un’individualista orientato al proprio interesse personale e non alla collaborazione, né al successo dello studio, anche se spesso afferma il contrario. Gli scollaboratori sono scarsamente cooperativi, spesso polemici e in disaccordo con le decisioni prese dal titolare, sempre pronti a evidenziare quello che non funziona, con l’innata capacità di colorare a tinte fosche qualsiasi situazione così da renderla più difficile da affrontare e risolvere. In poche parole, sono gli specialisti del problem creating.
Quindi il criterio per distinguere un collaboratore da uno scollaboratore non è il livello di produttività e/o di competenza tecnica, ma la capacità di creare relazione. Una persona di valore per lo studio è disposta a comunicare e a condividere idee, capacità e know how con gli altri membri del gruppo; una persona di scarso valore allontana le altre persone, le mette in soggezione, rende difficile la comunicazione e lo scambio, non condivide e non trasferisce le proprie conoscenze.
Ma come si fa a difendersi dagli scollaboratori?
Il tuo sistema immunitario deve imparare a riconoscere questo “virus” (lo scollaboratore) e a sviluppare gli “anticorpi” (capacità di riconoscere e gestire lo scollaboratore).
Sulla base della nostra esperienza, abbiamo più volte constatato che il sistema immunitario del titolare di studio, nei confronti del virus-scollaboratore rimane efficiente fino a quando il livello di competenza tecnica di quest’ultimo non è particolarmente elevato. Ossia, se uno scollaboratore non è tecnicamente preparato il titolare dello studio riesce facilmente a riconoscere in lui una persona problematica e improduttiva e a intraprendere delle azioni efficaci per rimuoverlo dall’ambiente.
In questo caso, gli anticorpi riconoscono un elemento inadeguato (individuo incapace e poco produttivo) e lo espellono in maniera quasi indolore (allontanamento dall’azienda o ricollocamento in posizioni poco rilevanti).
Esistono invece diversi casi difficili da individuare, si tratta dei casi in cui gli scollaboratori:
- sono dotati di competenze e know how molto rilevanti per lo studio e difficili da reperire sul mercato
- conoscono tutto (anche i segreti) dello studio e non sono facilmente sostituibili perché potrebbero rivelare informazioni riservate
- lavorano in studio da molto tempo e che non è facile allontanare a causa di legami personali o questioni affettive
In questi casi, pur riconoscendoli come elementi inadatti, il titolare di studio spesso fa fatica a gestirli perchè sente di non avere piena libertà di manovra, deve stare attento a non inimicarsi o scontentare tali persone, non può allontanarle dallo studio perché teme che andandosene potrebbero lasciarlo in difficoltà, diventare concorrenti o utilizzare ciò che sanno per danneggiarlo. In realtà sono scuse, il rischio che si corre nel mantenere la situazione invariata è ben peggiore degli effetti di un cambiamento.
In estrema sintesi, infatti, un collaboratore poco collaborativo o apertamente contrastante l’azienda ha sempre come effetto quello di bloccare la crescita dello studio, generare maggiori costi e favorire un clima di stress.
Questo non è accettabile per il titolare di studio e allora cosa fare?
La soluzione è necessariamente quella di identificare e allontanare gli scollaboratori e, al contempo, inserire in azienda nuove persone di talento. Per prevenire questo genere di problemi, l’unica vera arma a disposizione del professionista risiede nella cura delle proprie risorse umane e nel miglioramento progressivo delle capacità relazionali con le sue persone.
Nel prossimo futuro sarà proprio su questo terreno che si giocherà la nuova partita. Il professionista titolare di uno studio si trova ad affrontare una nuova sfida, a muoversi all’interno di un territorio sconosciuto, che diventa uno dei campi principali su cui dovrà essere impegnato e che determinerà l’espansione della sua azienda o ne decreterà il fallimento.