Come versare l’IVA sulle prestazioni professionali non ancora incassate del professionista deceduto? Gli eredi del professionista possono tenere aperta la partita IVA del deceduto anche oltre il termine di sei mesi dal decesso?
È di qualche settimana fa, il chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate che con la risoluzione n. 34 ha risposto ad un quesito posto da uno degli eredi di un libero professionista deceduto nel 2018, in merito agli obblighi ai fini IVA cui sono tenuti gli eredi dello stesso professionista venuto a mancare.
Nel quesito pervenuto all’Agenzia delle Entrate, viene rappresentato il fatto che il professionista deceduto, a seguito di prestazioni professionali eseguite, aveva emesso parcelle con IVA ad esigibilità differita, ai sensi dell’articolo 6 del D.P.R. 633/72, nei confronti della Pubblica amministrazione.
Alla data del decesso del professionista, tali parcelle risultano ancora non riscosse ed i tempi di riscossione delle stesse abbastanza incerti (probabilmente più lunghi dei sei mesi previsti dalla legge IVA per la chiusura della partita IVA del professionista deceduto).
Inoltre, sempre nell’anno 2018 il professionista deceduto aveva effettuato e concluso, sempre per la Pubblica amministrazione, diverse prestazioni professionali non ancora fatturate alla data del decesso.
Come versare l’IVA non ancora incassata nel caso in cui si debba procedere entro sei mesi dal decesso del professionista a chiudere la partita IVA? Come vanno considerate le prestazioni professionali non ancora fatturate, ma comunque concluse e di conseguenza rilevanti ai fini IVA?
L’Agenzia delle Entrate si era già espressa con la circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007 affermando che l’attività del professionista non si può considerare cessata fino alla conclusione di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, ed in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale.
Inoltre, con la risoluzione n. 232/E del 20 agosto 2009, l’Agenzia delle Entrate aveva ulteriormente chiarito che la cessazione dell’attività del professionista non coincide con il momento in cui il professionista si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, ma con il momento in cui chiude i rapporti professionali, emettendo la parcella per tutte le prestazioni svolte ed eliminando tutti i beni strumentali utilizzati nell’attività.
L’attività professionale non può ritenersi terminata fino al momento in cui il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento di incasso delle sue spettanze, non realizza la riscossione dei crediti dell’attività, la cui esazione sia ritenuta ragionevolmente possibile.
Alla stessa conclusione sono pervenute le sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 8059 del 21 aprile 2016 che enuncia che il compenso di prestazione professionale è imponibile ai fini IVA, anche se percepito successivamente alla cessazione dell’attività, nel cui ambito la prestazione professionale è stata effettuata ed alla relativa formalizzazione.
Per l’Agenzia delle Entrate, questi orientamenti possono applicarsi anche agli eredi del professionista deceduto che hanno presentato istanza di interpello. Ne consegue che in presenza di parcelle da incassare o prestazioni professionali ancora da fatturare, gli eredi non possono chiudere la partita IVA del professionista deceduto fino a quando non vengono incassate tutte le parcelle.
Gli eredi del professionista possono comunque anticipare la fatturazione delle prestazioni rese dal defunto e chiudere la partita IVA, salvo in tal caso, computare nell’ultima dichiarazione IVA annuale anche le operazioni per le quali non si è verificata l’esigibilità dell’imposta ossia anticipare l’esigibilità rispetto al momento dell’effettivo incasso.