L’agricoltore che vende un terreno divenuto edificabile non deve pagare l’IVA per la cessione del terreno. Lo stabilisce la sentenza n. 20149 del 25 luglio 2019 della Corte di Cassazione. Vediamo i dettagli della vicenda a cui ha dato risalto una buona parte della stampa specializzata.
Con un avviso di accertamento, l’Agenzia delle Entrate, richiedeva ad un contribuente esercente l’attività di imprenditore agricolo, l’IVA non versata in relazione ad una cessione di un terreno edificabile.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo, ottenendo un rigetto della domanda di annullamento dell’atto sia in Commissione Tributaria Provinciale che, successivamente, in Commissione Tributaria Regionale.
Alla luce del doppio rifiuto, il contribuente presentava ricorso in Cassazione, deducendo la violazione e la falsa applicazione di legge, ex articolo 360, comma 1, n.3 c.p.c. in relazione agli articoli 2082 c.c., e la mancata applicazione dell’articolo 65 del D.P.R. 917/86 e dell’articolo 4 comma 1 del D.P.R. 633/72.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso del contribuente e annulla l’atto impositivo, ribadendo il principio di diritto secondo cui un terreno edificabile di proprietà e coltivato da un imprenditore agricolo, non può essere compreso tra i beni strumentali da assoggettare a IVA in caso di cessione ad altro soggetto, allorché l’immobile abbia acquisito una destinazione edificatoria diversa da quella originariamente goduta.
I giudici della Suprema Corte, chiamati a dirimere la questione tra erario e contribuente, hanno rilevato come la cessione di un terreno edificabile non potesse scontare l’IVA, essendo detto cespite non più idoneo a costituire bene strumentale dell’impresa agricola esercitata dal contribuente, non potendo essere destinato alla coltivazione, alla silvicoltura o all’allevamento.
In buona sostanza, il terreno che da agricolo diviene edificabile, si trasforma di fatto in un bene diverso da quello che era in precedenza. Nella fattispecie, il cambio di destinazione ne aumenta il valore, dal momento che aumenta la sua appetibilità commerciale, ma non ne consente l’uso come cespite nell’attività agricola del contribuente.
Secondo i giudici, quindi, il terreno in precedenza coltivato e poi divenuto edificabile di proprietà di un imprenditore agricolo deve scontare solamente l’imposta di registro proporzionale e non l’IVA, nel caso di cessione ad altro soggetto, non potendo essere compreso tra i beni strumentali da assoggettare ad imposta sul valore aggiunto.
Come si può leggere nella stessa sentenza, la decisione dei giudici, trova conferma anche in altra posizione espressa dalla Corte di Giustizia comunitaria, la quale ha sancito che una persona fisica che ha esercitato un’attività agricola su un fondo rustico trasformato in terreno destinato alla costruzione, in seguito ad una modifica dei piani regolatori locali sopravvenuta per cause indipendenti dalla sua volontà, non può essere ritenuta soggetta ad imposta sul valore aggiunto.
Perché il caso ha suscitato tanto interesse? Perché, secondo un orientamento giurisprudenziale più recente, invece, l’imponibilità IVA sarebbe condizionata dalla concreta destinazione d’uso riservata al fondo edificabile da parte dell’agricoltore e quindi la cessione sconterebbe l’IVA nel caso in cui l’imprenditore abbia destinato il terreno ad attività agricola e sarebbe fuori campo IVA nel caso in cui, essendo appartenente all’impresa agricola, sia ad essa estraneo ossia non sia mai stato coltivato o non destinato ad attività agricola.
Dei due orientamenti però, nel dirimere la questione attuale, i giudici sembrano aver preferito l’orientamento più lontano nel tempo, dal momento che il terreno divenuto edificabile si trasforma in un bene del tutto diverso da quello precedente.