Il contribuente fornitore di un “esportatore abituale” che non abbia inviato all’Agenzia delle entrate la comunicazione d’intento non è sanzionabile per “omissione di fattura” ed il fatto costituisce soltanto “errore formale”. Questo è quanto dispone la sentenza della Commissione tributaria Provinciale di Modena n. 212/2019 depositata il 15 luglio 2019.
Nel contenzioso, l’Agenzia delle Entrate contestava che il mancato invio telematico della “dichiarazione d’intento” costituisce un illecito dell’art. 1, comma 1, lett. c), D.L. 746/83, come modificato dall’art. 1, comma 381, legge 311/04, e che a tale violazione si applica una sanzione tra il 100% e il 200% dell’imposta (art.7 comma 4 bis del Dlgs. 471/1997) per il cedente o il prestatore che nei termini previsti non invia la dichiarazione di intento o la invia con dati incompleti ed inesatti.
Di conseguenza la stessa Agenzia riteneva che l’emissione delle fatture con sospensione di IVA fosse da ritenersi illegittima.
Per il contribuente il mancato invio della dichiarazione d’intento (comunque regolarmente registrata) costituisce un mero errore formale e non c’è stata, nell’evidenza dei fatti, alcun tipo di evasione fiscale e nessuna perdita di gettito.
Tranne che per l’invio telematico della dichiarazione di intento, il contribuente ha eseguito tutti gli altri adempimenti che la legge prevede per l’effettuazione di operazioni nei confronti di esportatori abituali.
La Commissione Tributaria accoglie positivamente il ricorso del contribuente ritenendo che: «chi omette l’invio telematico dei dati contenuti nelle dichiarazioni di intenti, in presenza di regolari lettere ricevute dai clienti esportatori abituali, aventi i requisiti di legge, non può essere equiparato e sanzionato come colui che non applica l’IVA in assenza delle lettere stesse e dei relativi requisiti, per cui l’omesso invio dei dati contenuti nelle lettere d’intento costituisce una violazione meramente formale».
Per la stessa la violazione rientra tra le “violazioni formali” di cui all’art.6, comma 4 bis, D.Lgs. 472/97 considerato che la ricorrente ha rispettato gli adempimenti richiesti al fornitore di un esportatore abituale finalizzati all’amissione di fatture in “sospensione d’imposta” (numerazione progressiva delle dichiarazioni di intento ricevute, annotazione entro 15 giorni sull’apposito registro, riporto dei relativi estremi nelle fatture omesse) ad eccezione dell’invio telematico all’Agenzia delle Entrate dei dati contenuti nelle dichiarazioni di intento.
Rispetto alla gravità dell’omissione la sanzione è del tutto sproporzionata. Essa si configura come mera violazione formale che, come tale, non rileva sulla determinazione della base imponibile IVA, dell’imposta e sul relativo versamento del tributo.
Alla stessa conclusione a cui è pervenuta la C.T. Prov. Di Varese (con sentenza n. 15/12/13, depositata il 23 gennaio 2013) che ha annullato quanto contestato dall’Agenzia delle Entrate ad un contribuente che era stato sanzionato a seguito dell’omesso invio di una dichiarazione d’intento, ed in considerazione del fatto che aveva comunque continuato, nonostante ciò, ad agire in regime di non imponibilità IVA.
La Commissione Tributaria, in sostanza, ha evidenziato come il mancato invio telematico della dichiarazione d’intento non possa essere equiparato ad una sua totale assenza, riconducendo invece l’applicazione del regime sanzionatorio unicamente al caso in cui “il fornitore, pur in assenza della dichiarazione dell’esportatore abituale, compie operazioni in assenza di IVA”.
Ulteriore sentenza che giunge alle stesse conclusioni delle precedenti è quella alla quale perviene la Commissione Provinciale Tributaria di Milano (sentenza n. 430/2014), la quale ribadisce che il mancato invio della dichiarazione di intento non arreca alcun danno erariale e non impedisce all’amministrazione finanziaria di esercitare le sue azioni di controllo.