Coniugi che vivono in due abitazioni diverse, figli che stabiliscono una residenza diversa da quella dove abitano i loro genitori e coniuge che denuncia una falsa residenza in una casa vuota o adibita a dimora estiva. Lo scopo per tutti è quello di ottenere benefici, agevolazioni e sconti fiscali come ad esempio l’esenzione dal pagamento dell’IMU o della TASI. È legale questa prassi?
Due residenze per due coniugi
Per la legge italiana, due persone che si sposano, formano un nucleo familiare, che si espande con la nascita dei figli. Due individui che si sposano devono scegliere una dimora abituale (articolo 43, II comma del C.C.), ossia un luogo dove vivere e dormire abitualmente, e una volta decisa la casa dove abitare, quella diventa la loro residenza.
Secondo il diritto italiano, la residenza è il luogo in cui la persona ha la propria dimora abituale e, nel nostro paese, può essere riferita a un solo Comune, sia ai fini dell’iscrizione nelle liste elettorali che di tutti gli altri benefici od obblighi legali e fiscali in capo a ogni individuo. Il codice civile prevede infatti che i coniugi convivano sotto lo stesso tetto, anche allo scopo di prestarsi reciproca assistenza morale e materiale.
In linea generale quindi, la residenza coincide con la dimora abituale, ma se un individuo parte per le vacanze o si trasferisce per qualche mese in un’altra città per ragioni di lavoro o di studio deve cambiare residenza? La risposta è negativa perché il centro della sua vita resta e rimane comunque nell’immobile in cui, prima o poi, farà ritorno.
Se invece il trasferimento nell’altra città (o all’estero) diventa stabile e la nuova casa diventa domicilio abituale, ecco allora che scatta l’obbligo di trasferire anche la residenza. E’ obbligo di ogni cittadino infatti chiedere, per sé e per le persone sulle quali esercita la patria potestà o la tutela, di essere iscritto nell’anagrafe del comune di dimora abituale.
Dal punto di vista teorico, però, nulla vieta che due persone unite in matrimonio possano avere due diverse residenze. Il fatto che due coniugi non convivono insieme costituisce una situazione anomala, e a loro spetta, in caso di contestazione, fornire la prova delle ragioni di una simile scelta (dimostrando ad esempio che non vivono insieme a causa di un trasferimento per motivi di lavoro o altro).
Controlli e sanzioni
Gli uffici dell’anagrafe sono tenuti alla verifica della sussistenza del requisito della dimora abituale dei soggetti che richiedono l’iscrizione anagrafica. Generalmente, l’accertamento viene svolto dalla polizia municipale o da altro personale comunale incaricato. Qualora nel corso dell’accertamento emergano divergenze con la dichiarazione resa dal soggetto che ha richiesto l’iscrizione, viene effettuata una segnalazione alla competente autorità di pubblica sicurezza.
Il soggetto che denuncia una falsa residenza in Comune, dal momento che ha dichiarato un dato errato a un funzionario dell’anagrafe (che è un pubblico ufficiale), commette il reato di falso in atto pubblico. Inoltre, qualora sia stata dichiarata come residenza un indirizzo inesistente, nel momento in cui l’ufficiale giudiziario o il postino non riescono a notificare la comunicazione dell’amministrazione finanziaria o gli atti giudiziari, il Comune può avviare le pratiche per la cancellazione del soggetto dall’anagrafe.
Inoltre, al fine di contrastare i ricorrenti casi di elusione tributaria, anche l’Amministrazione finanziaria può predisporre controlli di routine per accertare eventuali situazioni anomale o cambi di residenza che possano essere ritenuti artificiosi e falsi. Il rischio maggiore è quello di vedersi revocare i benefici fiscali concessi o vedersi chiedere il pagamento di quanto dovuto a titolo di imposte.
In questi controlli non è molto difficile individuare una “residenza di comodo”. Spesso infatti le residenze fittizie si concentrano nelle seconde case, ubicate in luoghi di villeggiatura, e sulle stesse i consumi di acqua, utenze telefoniche, gas ed energia elettrica sono generalmente molto limitati.
Così, il Comune che ha accertato una residenza fittizia può richiedere al contribuente il pagamento delle imposte dovute (IMU e TASI ad esempio) non corrisposte a suo tempo e non ancora prescritte (la richiesta può riguardare gli ultimi cinque anni).