Con l’ordinanza n.2193 del 24 gennaio 2023 la Corte di cassazione mette il punto sulla questione del perfezionamento della notifica a mezzo email PEC, nel caso in cui la casella digitale del destinatario sia piena, ponendo un onere di attenzione ulteriore sul notificante, il quale, in caso di casella del destinatario piena, dovrà procedere a rinotificare l’atto nel termine di cui all’art. 325 c.p.c. ridotto della metà, pena l’inammissibilità del ricorso. È infatti secondo tale interpretazione onere del notificante, alla luce del principio della ragionevole durata del processo, riprendere il procedimento notificatorio presso il domicilio (fisico) eletto, in un tempo adeguatamente contenuto. Con questa pronuncia gli ermellini hanno preso le distanze da una precedente interpretazione di legittimità secondo cui, in caso di casella email PEC piena, la notifica si riteneva perfezionata con la produzione della relativa attestazione, equiparando di fatto la casella piena al rifiuto di ricevere la copia dell’atto.
A pochi giorni giorni dall’entrata in vigore della Riforma Cartabia che disciplinerà sul piano normativo, tra le altre, le notifiche effettuate telematicamente dagli avvocati, la Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata, con l’ordinanza n.2193 del 24 gennaio 2023 sulla questione del perfezionamento della notifica a mezzo email PEC, nel caso in cui la casella digitale del destinatario risulti piena.
Inversamente a quanto ritenuto fin qua, la Suprema Corte, con questa pronuncia, ha ritenuto di caricare un onere di attenzione ulteriore sul notificante. Infatti, secondo gli ermellini, questi non potrà più accontentarsi, in caso di casella piena del soggetto destinatario, di depositare la relativa comunicazione del gestore della casella, ma dovrà, attivarsi per effettuare la notifica all’indirizzo “convenzionale” del destinatario, precedentemente eletto (dovendosi altrimenti procedere al deposito dell’atto presso la cancelleria).
La decisione si pone nel solco di molteplici orientamenti di legittimità, a fronte di un quadro normativo articolato, che contempla non solo le disposizioni del codice di procedura civile (in particolare, gli art.149 bis, comma 3, c.p.c. e 138, comma 2, c.p.c.) ma anche la disciplina sul domicilio digitale e sulla informatizzazione delle notifiche e dei depositi (art.16, comma 6 ultima parte e art.16 sexies D.L. n.179/2012, D.M. n.44/2011, D.Lgs. n.82/2005).
In tale articolato quadro, quest’ultima decisione appare di orientamento diametralmente opposto al precedente indirizzo per lungo tempo fatto proprio dai giudici di legittimità e che trova conferma nell’ordinanza della Cassazione dell’11 febbraio 2020 n.3164, secondo cui, qualora non fosse stato possibile il perfezionamento della notifica a mezzo email PEC di un atto giudiziario, in quanto la casella del destinatario era risultata “piena”, produzione della ricevuta del sistema attestante tale problematica, può considerarsi equiparabile alla ricevuta di avvenuta consegna.
Ne deriverebbe in capo al difensore l’onere di provvedere al controllo periodico della propria casella di PEC, al fine di garantire che gli effetti giuridici, connessi alla notifica telematica di atti, si possano produrre.
In altri termini, l’inadeguata gestione dello spazio di archiviazione e l’impossibilità di ricevere nuovi messaggi nella casella di posta elettronica certificata per saturazione della capienza, viene ascritta alla responsabilità esclusiva del destinatario e la stessa viene equiparata ad un rifiuto di ricevere l’atto.
Tale interpretazione trova la sua fonte nel combinato disposto dell’art. 149 bis, terzo comma c.p.c. – che prevede che la notifica si ha per perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario – dell’art 138, secondo comma c.p.c. – sul rifiuto del destinatario di ricevere l’atto – nel D.L. n.179/2012 art. 16 sexies – che prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, quando non possa procedersi alla notifica via PEC per causa non imputabile al destinatario – e nel D.M. n.44/2011 art. 20 – che prescrive che la casella di posta elettronica certificata deve disporre di uno spazio disco minimo definito nelle specifiche tecniche – equiparando di fatto la casella piena al rifiuto di ricevere la copia dell’atto.
La recente pronuncia, contrariamente, ricalcando un altro filone giurisprudenziale (cfr. Cass. 20 dicembre 2021 n.40758) secondo cui pur non dispensando il destinatario di un onere di controllo della propria casella PEC, in caso di mancata generazione della ricevuta di consegna, impone al notificante di non restare inerte e di riattivare il processo notificatorio presso il domicilio (fisico) eletto in un termine congruo, anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo (arg. ex Cass. civ. sez. Unite 15 luglio 2016 n.14594, che ha indicato il temine della metà di quello previsto dall’art.325 c.p.c.).
Infatti, solo compiendo tale iter, il notificante potrà conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, logicamente salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.
Tale principio altro non è che un’applicazione, adeguata ai tempi, del principio giurisprudenziale della Sezioni Unite (Cass. sez. Unite 24 luglio 2009 n.17352) secondo cui, quando la notificazione di un atto vada effettuata entro un termine perentorio e non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al notificante, questi ha l’onere, alla luce del principio della ragionevole durata del processo, di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio. In tali casi la notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, purché la nuova notificazione sia intervenuta entro un termine ragionevole.
Andranno dunque tenuti presenti i tempi necessari, secondo la comune diligenza, per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.
Secondo tale indirizzo giurisprudenziale, effettuare la nuova notifica senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c. eviterebbe la richiesta di un provvedimento giudiziale di rimessione in termini e di conseguenza, un eccessivo allungamento dei tempi del giudizio.
La recente pronuncia degli ermellini sembra fare proprio tale ragionamento, quasi invertendo i ruoli delle parti, ponendo un onere in capo al soggetto notificante ed esonerando il destinatario da ogni tipologia di verifica della propria casella email PEC.
Nell’attesa di un indirizzo univoco, ci si chiede come dovrà tale interpretazione della Suprema Corte porsi in relazione alle novità apportate dal D.Lgs. n.149/2022 che entrerà in vigore dal 1° marzo 2023.
La recente normativa disciplina, infatti, le notificazioni, ed in particolare stabilisce che la notifica degli atti giudiziari – premesso il possesso di un indirizzo digitale – vada effettuata prevalentemente a mezzo email PEC dal procuratore o dall’ufficiale giudiziario, senza far cenno ad adempimenti ulteriori in capo al soggetto notificante.
In particolare, la formulazione dell’art. 149-bis c.p.c. prevede che la notifica si intenda perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario… ma se la casella è piena? Nell’attuale formulazione dell’articolo non è presente una soluzione a tale enigma che è rimesso alla decisione dei giudici, chiamati a scegliere tra le due antitetiche interpretazioni giurisprudenziali, a seconda che vogliano prediligere il notificante o il destinatario….
Forse, in tale mutevole quadro legislativo volto alla celerità dei processi, andrebbe disciplinata normativamente la possibilità, in caso di mancato perfezionamento della notifica per la saturazione della casella email PEC, di un rinnovo della notificazione automatico ad iniziativa del notificante nei termini dell’art. 325 c.p.c. ridotti della metà. Ciò sempre che il destinatario abbia eletto un domicilio fisico nei precedenti gradi del giudizio e che, qualora non sia possibile perfezionare il procedimento notificatorio nelle modalità precedentemente indicate, ai sensi dell’art. 291 c.p.c. sia autorizzata un’eventuale istanza di rimessione in termini.
Ricordiamo infine, che con eccezione della riassunzione di un rinvio definito dalla Corte Suprema, le notifiche sono dirette ai difensori, i quali per il loro ruolo sono parte costituente albi e elenchi, con facile conoscibilità dei loro domicili fisico e telematico, i quali avranno l’onere di comunicare il cambio di domicilio all’Ordine di appartenenza ancor prima dell’effettivo spostamento.