Che tu ti sia appena affacciato sul mondo del lavoro o che sia ormai un esperto del settore, la decisione di avviare uno studio di commercialista è sicuramente un investimento impegnativo, da valutare con attenzione in tutti i suoi aspetti economici e burocratici. Scegliere di lavorare in modo autonomo, comporta sempre dei margini di rischio, ma anche dei notevoli vantaggi nella gestione dell’attività.
I costi iniziali da sostenere per avviare uno studio possono spaventare: secondo la Confprofessionisti sono necessari tra i 30.000 e i 70.000 euro. Una buona idea potrebbe essere aprire uno studio associato con altri professionisti, in modo da dividere spese e oneri burocratici. In alternativa, è possibile rivolgersi ad un istituto di credito che comprenda tra i suoi prodotti dei finanziamenti pensati appositamente per professionisti ed imprese.
Al momento di avviare un’attività professionale, non bisogna mai sottovalutare costi come l’affitto dello studio, ma anche quello per gli arredi, eventuali manutenzioni, pulizie ed utenze. Per quanto riguarda l’affitto dello studio è importante trovare il giusto compromesso tra costo e zona: non è infatti indispensabile che lo studio si trovi in centro città, ma è invece fondamentale che si trovi in una zona ben servita da mezzi pubblici o con buone possibilità di parcheggio.
I requisiti necessari per avviare uno studio di commercialista
Il dottore commercialista è un professionista esperto in materia fiscale, tributaria e giuridica. Il suo lavoro è rivolto alle imprese, ai liberi professionisti ed alle persone fisiche e giuridiche. Per quanto riguarda le imprese, il commercialista si occupa di gestione patrimoniale, dell’amministrazione e liquidazione di aziende, redige bilanci, conti e documenti contabili. Inoltre offre vari tipi di consulenza: giuridica e commerciale, tributaria e fiscale, amministrativa e gestionale. In caso di aziende nelle quali è previsto il controllo legale dei conti, il commercialista può essere nominato revisore di bilancio.
Per esercitare la professione di dottore commercialista è necessario possedere un titolo di laurea in discipline economiche, aver effettuato un tirocinio di tre anni presso lo studio di un dottore commercialista iscritto all’Albo, ed infine superare l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione. Solo dopo aver superato l’esame di Stato è possibile fare domanda all’ordine per l’iscrizione all’Albo dei Dottori Commerciasti ed Esperti Contabili e quindi avviare uno studio professionale.
Avviare uno studio di commercialista: la burocrazia
Per aprire uno studio di dottore commercialista è necessario innanzitutto aprire la Partita Iva presso l’Agenzia delle Entrate. In secondo luogo è necessario iscriversi all’INAIL per stipulare l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni su lavoro e le malattie professionali. Infine, è necessaria l’iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza dei Dottori Commercialisti per gestire contributi e prestazioni previdenziali. Il commercialista, infatti deve versare i contributi alla Cassa di previdenza di appartenenza. Probabilmente la voce di spesa più onerosa per chi lavora in proprio: per un giovane commercialista, infatti, i contributi previdenziali ammontano a circa 4.000 euro l’anno.
Aprire uno studio associato: tutti i vantaggi
Aprire uno studio professionale in associazione con altri commercialisti (o semplicemente altri professionisti come notai, ragionieri, avvocati, consulenti del lavoro, ecc..) consente di ottenere diversi vantaggi: dalla possibilità di dividere i costi dello studio professionale e degli strumenti di lavoro ad una migliore gestione degli incarichi, fino alla possibilità di offrire ai clienti una gamma di servizi più completa, grazie alla presenza nello studio di diverse professionalità e competenze.
Lo studio associato può essere costituito tramite una scrittura privata con firma autenticata oppure con un atto pubblico: in entrambi i casi, l’atto dovrà essere poi comunicato agli organi professionali competenti. Il reddito prodotto dallo studio è classificato come reddito di lavoro autonomo e non come reddito di impresa, dal momento che l’organizzazione professionale ha come obiettivo lo svolgimento dell’attività intellettuale di due o più professionisti.
A livello fiscale, gli studi professionali determinano il proprio reddito in modo autonomo e non sono soggetti ad imposte dirette: il reddito prodotto sarà infatti tassato ai fini Irpef in capo ai singoli soci, mentre sullo studio associato grava l’imposta regionale sulle attività produttive (Irap).
Inoltre, il rapporto professionale tra cliente e professionista è comunque individuale ed è regolato formalmente con un contratto o una lettera d’incarico professionale. La prestazione dell’attività può avvenire anche con l’impiego di persone legate allo studio, ossia associati o collaboratori, ovvero dipendenti. Le entrate e i compensi percepiti dallo studio associato, sono poi suddivise in quote di partecipazione agli utili, in base al valore dei conferimenti degli associati.